1. TTIP (Transatlantic Trade Investmet Partnership): un pericolo imminente

    By antimafia il 28 July 2014
     
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    Il 14 luglio u.s. è partito il sesto negoziato della durata di 4 giorni sul TTIP tra Unione Europea e Stati Uniti. Il trattato mira a creare un mercato unico per merci, investimenti e servizi. La discussione a Bruxelles verte sul modo di far convivere le differenti normative vigenti in USA e UE (con i relativi Stati che la formano); gli altri precedenti cinque incontri hanno avuto come tema: sostanze chimiche; cosmetici; veicoli a motore; prodotti farmaceutici; tessile e abbigliamento. A queste riunioni partecipano 14 esperti e i documenti elaborati o proposti sono accessibili solo a loro, a qualche tecnico, al Governo USA e alla Commissione Europea (quest'ultima su mandato segreto degli Sati membri). Il tutto avviene nel completo ed ingombrante silenzio da parte di enti, autorità, istituzioni e media! Eppure si tratta di questioni che rivoluzioneranno il mercato di beni e soprattutto di servizi in maniera profonda e quindi la vita dei cittadini. Difatti le questioni in ballo sono “l’accesso al mercato per i prodotti agricoli e industriali, gli appalti pubblici, gli investimenti materiali, l’energia e le materie prime, le materie regolamentari, le misure sanitarie e fitosanitarie, i servizi, i diritti di proprietà intellettuale, lo sviluppo sostenibile, le piccole e medie imprese, la composizione delle controversie, la concorrenza la facilitazione degli scambi, le imprese di proprietà statale” Tra le varie giustificazioni, studi di impatto etc. si propina l'idea che questo trattato porterà una crescita del PIL, un aumento dei posti di lavoro, maggior concorrenza, insomma un miglioramento delle condizioni di vita. Tutto vero? Intanto le decisioni degli esperti sono segrete e ci verranno calate dall'alto molto probabilmente a fine anno, e poi esistono lavori che, basandosi su quel poco che si è potuto conoscere, confutano tali giustificazioni e portano ad esempio ciò che, trattati già in atto vedi il NAFTA; hanno provocato sia in termini di spesa per le casse degli Stati che in termini di peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini. Esistono, infatti, diversi rapporti di valutazione e accanto a quelli commissionati dalla Commissione Europea (Cepr, Ecorys, Cepii e Bertelsmann/ifo) che prevedono solo eccellenti risultati una sorta di manna dal cielo per l'economia del vecchio continente, ve ne altri, commissionati da diversi gruppi parlamentari Europei, che invece ne evidenziano i rischi. Il più recente è ad esempio il rapporto dell’Austrian Foundation for Development Research – ÖFSE ASESS__TTIP. Questo studio di impatto attesta, nella valutazione dei costi, afferma che i costi sociali del cambiamento sono stati trascurati; l'allineamento o l'eliminazione di una normativa comporterà un costo sociale per le istituzioni e le imprese necessario ad allineare le proprie procedure alle nuove regole; il riconoscimento reciproco delle norme e degli standard aumenterà i costi di informazione per il consumatore, dal momento che quest'ultimo sarà di fronte ad una molteplicità più complessa e potenzialmente meno trasparente degli standard consentiti; infine l'eliminazione delle misure non tariffarie si tradurrà in una potenziale perdita di benessere per la società, nella misura in cui tale eliminazione tocca obiettivi di politica pubblica come la sicurezza dei consumatori, la sanità pubblica, la sicurezza ambientale, che non sono curati da qualche altra misura o politica. Uno degli effetti del TTIP dovrebbe essere l’istituzione di un meccanismo di risoluzione delle dispute tra investitori e Stati. Una sorta di tribunale sovranazionale, extra-territoriale, che attraverso multe, sanzioni e risarcimenti risolva le controversie tra la multinazionale che investe e lo Stato sede dell'investimento. Il motivo? mancato ricavo a causa di leggi, regole e normative considerate restrittive nei confronti dell'impresa e/o della produzione. E' facile immaginare cosa succederebbe ad uno Stato come l'Italia, in perenne deficit di bilancio, di fronte solo ad una paventata minaccia di causa legale per milioni di euro. Il rischio concreto che con la completa liberalizzazione di merci e investimenti si corre è quello di ritrovarsi alla completa mercè delle multinazionali e dei soliti e ormai pochissimi detentori della ricchezza. Con questo trattato si minano le fondamenta dei diritti faticosamente e, a volte, sanguinosamente conquistati dai cittadini Europei; la liberalizzazione dei servizi convertirebbe, ad esempio, il nostro Sistema Sanitario, che già ora non garantisce eguaglianza di trattamento su tutto il territorio nazionale, in una sorta di "mucca da mungere" ed aumenterebbe la disparità, difatti il termine di paragone non sarebbe più la persona e il suo benessere, ma il denaro che per la salute delle persone si può ricavare. La libera circolazione delle merci farebbe arrivare sulle tavole, di tutti noi, prodotti geneticamente modificati; aumenterebbe la circolazione di sostanze chimiche nocive per la salute.
    Tutto in nome e per nome del PIL con smantellamento delle basi delle nostre democrazie, mortificazione della dignità dell'essere Persone e conseguentemente della libertà; dellla giustizia; dell'uguaglianza; della pari dignità e opportunità; del diritto alla salute psico-fisica e all'autodeterminazione soprattutto nei momenti critici della vita; del diritto di vivere in un ambiente salubre e naturale accanto al dovere per la sua salvaguardia. Bob Kennedy, il 18 marzo del 1968, pochi mesi prima dell’attentato in cui perse la vita, così si esprimeva nei confronti del PIL in un discorso che tenne all’università: “Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari l'anno, ma quel PIL - se giudichiamo gli USA in base ad esso - comprende anche l'inquinamento dell'aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”. Non si impara sbagliando: l’uomo impara dai successi ed è bene utilizzare consapevolmente questa “rivoluzionaria” verità!

    Vincenzo Pietrantonio, Presidente commissione scientifica Comitato di difesa della salute pubblica del Molise
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