La devianza minorile criminale rappresenta un fenomeno che, sempre più frequentemente, si tramanda all’interno di nuclei familiari contigui a contesti mafiosi, a causa di una educazione fondata sulla trasgressione delle regole del vivere civile e sulla divulgazione della cultura mafiosa di generazione in generazione.
Ciò premesso, è possibile cogliere l’efficacia di un intervento statuale in tali contesti, sottoforma di un provvedimento giurisdizionale de potestate, che sarebbe idoneo, da una parte, ad aggredire, seppur di riflesso, le strutture mafiose dal punto di vista delle risorse umane, impedendo, a monte, che vi siano i presupposti per una rigenerazione del fenomeno mafioso, dall’altra, di tutelare i minori appartenenti alle famiglie mafiose, i quali, rappresentano le prime vittime dei sodalizi criminali, spesso subendo, in prima persona, un grave pregiudizio al loro patrimonio morale, in quanto condizionati negativamente dal crescere all’interno di contesti familiari in cui la sopraffazione, la violenza, il perseguimento del potere ad ogni costo, rappresentano dei (dis)valori da tramandare di generazione in generazione. È innegabile, infatti, che, in alcuni ambienti criminali, sia fondamentale la componente familiare che, sovente, implica il coinvolgimento di figli minorenni all’interno delle attività criminose. Famiglie, in cui la cultura mafiosa viene tramandata per assicurare un continuum criminale che impedisce di liberarsi dall’ingombrante ombra familiare o di collaborare con le forze dell’ordine.
Si tratta di microcosmi connotati dalla divulgazione della mentalità mafiosa a cui i minori vengono abituati ed educati sin da piccoli. Minori, che fin dall’infanzia sono abituati a concepire lo Stato come nemico, uno Stato rappresentato nella sua veste esclusiva di stampo repressivo. Uno Stato concepito, a sua volta, come il“mostro”che arresta e condanna i genitori o che impedisce di esercitare ai propri familiari delle attività illecite che rappresentano, tuttavia, nell’ottica del minore, l’unica fonte di sostentamento dei bisogni familiari. Ed è proprio in assenza della componente maschile, spesso attinta da provvedimenti coercitivi, che è sempre più la donna ad assumere le redini della famiglia-criminale: donne, che non disdegnano di gestire, in assenza dei propri mariti, gli affari criminosi di famiglia, con grande lucidità ma anche con spiccata durezza. Da ciò, si comprende come in taluni contesti familiari sia proprio la donna, rappresentata da una madre, da una zia, da una nonna, a costituire la cerniera tra i minori ed il sodalizio criminale. La famiglia rappresenta pertanto l’humus in cui i figli di mafia , sin dall’infanzia,vengono indottrinati a concetti come la vendetta, la violenza, le faide familiari .
Per comprendere e contrastare le mafie, è, pertanto, necessario analizzare e prevenire la cultura mafiosa con cui, spesso, i bambini appartenenti a ...
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